La voglia di protesta dei commercialisti riprende vigore e i sindacati si preparano ad unire le forze. A dare il «la» le parole dette due giorni fa dal presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti Massimo Miani nel corso del suo intervento all’Assemblea nazionale degli ordini della categoria.
Ieri la questione sulla necessità di opporsi al crescente disagio categoriale è stata al centro di un comunicato diffuso dalle sette sigle sindacali (Adc, Aidc, Anc, Andoc, Ungdcec, Unico e Unagraco). Le associazioni «prendono atto che il presidente Miani, con riferimento agli eventi successivi alla revoca dello sciopero di categoria, concorda con quanto i sindacati ribadiscono da tempo».
«Il comunicato – spiega Amelia Luca eletta giovedì scorso alla guida dell’Andoc – è un segnale per sottolineare il rilancio dello sciopero come strumento per sbloccare una situazione che non migliora».
Sul tavolo ci sono «tutte le promesse disattese – commenta Giuseppe Diretto presidente dell’Unagraco – non solo non c’è stata la tanto decantata semplificazione, ma la situazione è ulteriormente peggiorata negli ultimi mesi, come sottolineato anche da Massimo Miani».
Si torna quindi a parlare di sciopero dopo la revoca di quello di febbraio.
«Lo sciopero non è la panacea dei nostri problemi ma almeno si prende una posizione forte e formale» afferma Domenico Posca, presidente di Unico, che aggiunge: «Fallito il tentativo di sedersi al tavolo, serve cambiare strategia. Il tema vero – conclude Posca – è come organizzare le forme di protesta, e in merito – anticipa – stiamo lavorando un progetto per presentarci come organismo di tutela sindacale unitaria».
Margini di manovra ancora ci sono, ma le parole non bastano più. «Fino a quando il tema fiscale non viene affrontato in modo radicale e concreto nella sua totalità – sostiene Andrea Ferrari, presidente dell’Aidc – tutto il resto sono piccoli aggiustamenti che poco servono, anzi spesso creano ulteriori peggioramenti». Si pensi per esempio alla proroga di dodici giorni (e cioè a lunedì 12 giugno) per l’invio delle comunicazioni Iva è stata accolta da tutti – a due giorni dalla scadenza – come una “presa in giro”. «La misura è veramente colma – sostiene Enzo De Maggio, presidente dell’Adc – con il nostro comunicato abbiamo voluto ribadire che ci siamo, che siamo indipendenti e che se non si trova una vera soluzione di semplificazione sarà necessario passare all’azione». E aggiunge: «Giovedì si è nuovamente bloccato l’invio per le comunicazioni Iva che utilizza un sistema diverso, più complicato e farraginoso; problemi – conclude De Maggio – che mettono in difficoltà le piccole e medie imprese, che non hanno le strutture e gli strumenti delle aziende più grandi. Se l’Agenzia continua su questa strada uccide l’apparato produttivo di questo Paese».
Marco Cuchel parla di situazione paradossale, che potrebbe sbloccarsi sono con un cambio di linea repentino e radicale. «Chissà – si augura – che il cambio al vertice all’agenzia delle Entrate (il nuovo direttore è Ernesto Maria Ruffini, ndr) potrebbe aprire nuovi scenari». E in merito ai rapporti con le istituzioni aggiunge: «Il dialogo c’è anche stato ma i nostri suggerimenti e le nostra lamentele sono cadute nel vuoto e le promesse, come l’eliminazione delle sanzioni per errori formali nelle procedure antiriciclaggio, vengono tradite lasciando ampi spazi di manovra all’interpretazione del verificatore».
Fazio Segantini, presidente dell’Ungdcec, è convinto della necessità di una condivisione di strategia e di coordinamento con il Consiglio nazionale: «Sulle iniziative da prendere e sulle proposte da fare – afferma – è necessario avviare al più presto un confronto con il Consiglio nazionale».
Lo sciopero aleggia ma date ancora non ce ne sono; l’unica cosa certa è che le «scadenze fiscali nevralgiche» in cui potrebbe essere programmato non mancano.