La pubblica amministrazione ha traslato, negli ultimi anni, sempre più incombenze sul contribuente.
Ciò ha inevitabilmente generato, verso noi professionisti, una domanda di servizi che (sebbene accessori rispetto all’attività consulenziale costituente il ”core business” della categoria) richiede competenze specifiche e adeguati strumenti informatici, sempre più indispensabili al suo soddisfacimento. Questa richiesta dei nostri clienti, peraltro e in assenza di esclusive o riserve per la nostra professione, ci ha posto in concorrenza diretta con i CAAF, piuttosto che con esperti informatici improvvisatisi consulenti aziendali.
Evidentemente, avremmo preferito continuare a prestare alle aziende esclusivamente prestazioni professionali di natura intellettuale, frutto di anni di studio che, sempre più spesso, si perfeziona con master di specializzazione. Certo, sarebbe stato meglio dell’impatto con una selva di “micro servizi” per i quali, molto probabilmente, ciascuno di noi si è sentito inadeguato sin da subito, ma alla quale non ci si è potuti sottrarre. Nostro malgrado, ci siamo trovati proiettati in una realtà indesiderata ma coerente con la realtà economica del nostro Paese, come risaputo costituita da aziende di medie (e soprattutto di piccole) dimensioni, dotate in pochi casi di uffici amministrativi dedicati, nel migliore dei casi solo di un contabile.
Il Commercialista, dottore o ragioniere che fosse, ha rappresentato da sempre l’unico referente di una classe imprenditoriale che – di fronte alle oggettive difficoltà poste da una classe burocratica autoreferenziale e tesa sempre più a deresponzabilizzarsi – ha finito per investirci delle più disparate richieste, che sempre più spesso presuppongono competenze tanto vaste da pervadere di un senso d’inadeguatezza anche il più preparato dei professionisti.
Tale ora è lo stato di fatto. Come affrontarlo dipende dalle nostre scelte.
La consapevolezza e la responsabilità di rappresentare la “classe dirigente” per l’imprenditoria della piccola e media impresa, reale motore economico del Paese, oggi deve renderci protagonisti di un passo più arduo. Di quel cambio d’andatura che ci consenta di cogliere l’unica opportunità possibile in tale contesto per la nostra categoria, caratterizzando segnatamente il ruolo della nostra professione.
Accettare di rendere i servizi di supporto all’attività imprenditoriale in modo organizzato ed organico, integrandoli in modo strutturato all’offerta professionale, rappresenta la sfida da raccogliere per la categoria in grado di rimettere al centro dello scenario economico la professione in una rinnovata prospettiva di crescita. Tutto ciò, avocando prerogative a noi proprie e richiedendo il riconoscimento del ruolo sociale di propulsori principali dello sviluppo economico del Paese.
La rivendicazione esclusiva di tale ruolo non può dipendere, però, solo dall’attività politica e dalle qualità di chi ci rappresenta. E’, soprattutto, necessario dotare di un’organizzazione “imprenditoriale” i nostri studi professionali. Un’evoluzione, questa, indispensabile per riappropriarci del ruolo che ci compete di “partner principali degli imprenditori”, soprattutto piccoli e medi, rispondendo in modo efficiente ed economico alla domanda sempre più rilevante di servizi da parte delle aziende. Tutto ciò non deve costituire un “mutamento della natura” della nostra attività ma, semplicemente, un ampliamento della medesima. Essere Professionisti significa, oggi, ricercare e governare un sistema di competenze e relazioni in grado assistere i propri interlocutori a 360 gradi. Semplice a dirsi, più difficile a farsi senza un’etica nei rapporti, in grado di ridare forza alla fiducia.